“Se noi due siamo da soli in montagna, abbiamo perso la strada e incomincia la bufera, pensate che legame si stabilisce tra me e lui! Ci si sostiene, ci si aiuta, ogni indizio che io vedo lo dico a lui: «Passiamo di qui!». Io seguo lui, lui segue me. Che razza di concordia!
Usciti da quella bufera, dove il pericolo era mortale, siamo più amici di prima, perché abbiamo fatto esperienza di cosa voglia dire l’essere insieme quando c’è lo stesso pericolo che incombe su entrambi”.
Don Giussani continua parlando di amicizia e destino
“E dire che ci sono ragazzi e ragazze che si mettono insieme senza mai capire, senza mai provare questa enigmatica sensazione del destino comune, di come ci si arrivi, di quello che ci deve aiutare per arrivarci! Ché la vita è niente se non è per questo. Kafka – come ricordo sempre in questi ultimi tempi – dice: «Il senso c’è; è la via che manca». La via si trova nell’amicizia; non “è” l’amicizia: si trova dentro il fenomeno dell’amicizia. L’amicizia non è alla mercé degli umori, non è alla mercé della varietà dei sentimenti, non è alla mercé dell’urto che le cose provocano in te. L’amicizia è legata al destino, al riconoscimento della strada al destino; è sempre commovente, anche se può farti passare giornate e settimane e mesi nell’aridità! Ma pensate a quanti uomini e donne, nella responsabilità di tirar grandi i figli, passano mesi – mesi! – di aridità, in cui uno sembrerebbe ridiventato estraneo all’altro; e si debbono accettare, si debbono sopportare, debbono collaborare, debbono fare insieme: finché, a un certo crepuscolo di un mattino, risorge in loro, sentono risorgere in sé, molto più matura, l’emozione che hanno avuto la prima volta che si sono visti”.
Testo tratto dal libro di Luigi Giussani, Avvenimento di libertà alle pp. 124-126