Poco conosciuto e salito per la vicinanza con l’ambita meta del Gran Paradiso, è punto nodale di tre creste. Una scende verso il Colle della Becca di Montcorvé, 3875 m, posto a sud-ovest. La seconda scende verso il Colle dell’Ape, 3873 m, posto a est, verso la Cresta Gastaldi. La terza scende per poi risalire verso Gran Paradiso posto verso ovest prevalente. Roc in francese significa roccia e sulla vetta c’è una campana. Il Roc, pur essendo alto 4026 m, non compare sull’elenco ufficiale dei 4000 delle Alpi ma, come detto prima, dal punto di vista orografico è importante, essendo nodo di tre creste che dividono tre valli, quella dell’Orco, la Valsavarenche e quella di Cogne. Dato che la cima del Gran Paradiso è completamente in territorio valdostano è l’unico 4000 piemontese.
Accesso
Si percorre la strada della Valsavarenche fino al piazzale di Pont Valsavarenche dove si lascia l’auto.
Itinerario al rifugio
Si prende il sentiero n. 1 per il Rifugio Vittorio Emanuele II, si attraversa dopo poco il ponte sul Savara e si gira a destra sempre su strada che porta al Rifugio Tétras Lyre (2000 m) a 15 minuti dal piazzale; dopo si prosegue su sentiero ben tracciato e molto frequentato. In salita belle vedute sulle cime della zona.
Poi si apre la vista sulla Tresenta.
Si arriva al Rifugio Vittorio Emanuele con belle immagini serali.
Itinerario dal rifugio
Partendo dietro il rifugio, alle luci delle frontali, si salgono le tracce della via normale al Gran Paradiso e dopo una ventina di minuti si raggiunge un torrente. Quindi si risale la morena, la traccia è molto battuta. Dopo si incontra una paretina rocciosa che a destra presenta un passaggio su roccette, superata la parete si continua lungo una traccia.
La via si raccorda poi alla via che sale dal Rifugio Chabod, si tralascia la via che salendo dritta porta alla ferrata, utilizzata al ritorno da noi, e ci si tiene sulla sinistra. Normalmente in quel punto si mettono i ramponi e ci si incorda per affrontare il ghiacciaio.
Si mette piede sul ghiacciaio del Laveciau e con un breve traverso ci si unisce al percorso proveniente dal Rifugio Chabod e si percorre l’ampio vallone glaciale su pendii, in stagione avanzata molto crepacciati.
Si vede l’ardua Grivola bella, salita con Giorgio molti anni fa, con alla sua sinistra il Gran Nomeron alla destra la costiera verso la Punta Pousset.
Seguendo le tracce si continua la salita.
L’itinerario di salita ci porta al crestone nevoso della schiena d’asino in prossimità della Becca di Moncorvé.
Si vede sulla destra la crepaccia terminale, si abbandona a un certo punto la traccia per il Gran Paradiso e si supera la crepaccia terminale nel punto più sicuro.
Di fronte a noi si erge imponente il Roc. La salita non è difficile, a meno che non ci sia del ghiaccio sul pendio abbastanza ripido.
Si raggiungono le roccette terminali e dopo qualche passaggio un po’ più impegnativo si raggiunge la cima.
Sulla vetta c’è una campana, posizionata nel 2007 dal CAI di Rivarolo, essa ricorda la cima dello Château des Dames e dell’Alta Luce, sulla cui vetta ci sono altre piccole campane.
Panorama magnifico.
Gran Paradiso con sullo sfondo il Monte Bianco, si vede la deviazione della traccia.
Il Cervino al centro della foto con a destra il Monte Rosa.
La bella cresta, parte orografica destra della Valnontey, dove si vede il grande ghiacciaio della Tribolazione e la Becca di Gay.
Ritorno
Per la via dell’andata oppure come abbiamo fatto noi variando il percorso e utilizzando la ferrata. Ci si dirige verso la famosa schiena d’asino che si percorre e quindi si prende la ferrata che segue la parte rocciosa. Essa segue sostanzialmente il filo della cresta che sovrasta il ghiacciaio di Laveciau posto alla destra del percorso di discesa.
Occorre considerare che si percorrono alcuni traversi esposti e si scendono brevi tratti verticali che corrono lungo il lato di cresta: conviene porre attenzione al fatto che la fune e le staffe sono coperte di neve o ghiacciate anche a stagione inoltrata e avere l’attrezzatura idonea per la ferrata. All’inizio c’è un passaggio più atletico per doppiare uno sperone che strapiomba.
Si giunge infine al termine dove è presente un cartello multilingue e ci si ricongiunge alla via di salita che si percorre gustandosi il panorama dalla bella morena.
Ancora uno sguardo d’insieme dietro di noi sulla via percorsa.
Materiali: imbrago, corda, piccozza, ramponi, normale dotazione di sicurezza da ghiacciaio.