Una bella citazione di Karl Unterkircher, in cui afferma: “Siamo nelle mani di Dio” scritta il 28 giugno del 2008, fattami conoscere da Fabio; Karl Unterkircher morì pochi giorni dopo durante il tentativo di scalare il versante Rakhiot del Nanga Parbat.
Al campo base scriveva: «Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita. Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio e se ci chiama dobbiamo andare. Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: “Cosa sono andati a cercare là? Ma chi glielo ha fatto fare?”. Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama!».
Karl Unterkircher
nacque il 27 agosto 1970 a Selva di Val Gardena e giovanissimo, a soli 15 anni, scoprì la sua passione per l’arrampicata. Fu istruttore di alpinismo durante il servizio militare, poi divenne guida alpina della Val Gardena ed anche presidente del Soccorso alpino (Aiut Alpin Dolomites).
Scalò, senza ossigeno artificiale, nel 2004 il Mount Everest e il K2.
Tra le prime ascensioni si ricorda: Monte Genyen, in Cina, provincia di Sichuan, alto 6204 metri, lo spigolo sud sul Jasemba nel Nepal e la parete nord sul Gasherbrum II.
Silke Perathoner
la moglie di Karl dopo l’incidente disse: “Per Karl, rinunciare alla montagna, sarebbe stato soffrire maggiormente e morire più lentamente”. Tra le tanti frasi che ho letto in questi giorni, questa è una di quelle che mi ha colpito maggiormente. Scritta da uno sconosciuto, forse non si è nemmeno reso conto quanto sia vero. In questi ultimi anni spesso la gente mi diceva “ma come fai, sempre sola con tre bambini, non hai paura per tuo marito?”. Io non l’ho mai giudicato per questo (e allora perché gli altri dovrebbero farlo?). Ho amato Karl anche per la sua capacità di fare una vita un po’ diversa, il suo coraggio di vivere i suoi sogni, per la sua forza di volontà e la sua immensa tranquillità. Karl con i suoi 38 anni ha vissuto una vita molto intensa, piena di soddisfazioni, sono grata per aver potuto condividere con lui quasi dodici anni di gioie e dolori. Il nostro amato Karl ora riposa lassù, nel suo mondo, libero e sereno. Sono sicura che da lassù guiderà me e i nostri figli con la sua mano sicura.
Ancora la moglie Silke ha detto di lui: “Non so dire cosa cercasse lassù. La passione per l’alpinismo di Karl era semplice, ingenua. A volte mi sembrava come un bambino, completamente preso dal suo gioco, con quell’allegria leggera che i bambini hanno dentro quando qualcosa piace loro particolarmente”. Silke Unterkircher ha scritto il libro L’ultimo abbraccio della montagna.