Quando la montagna tocca il cielo

La storia del coro della Società Alpinisti Tridentini (Coro della SAT) dei fratelli Pedrotti. Che al Meeting ha entusiasmato il pubblico. Con la bellezza del canto popolare. 

Quando la montagna tocca il cielo di Massimo Bernardini

Tracce N.10, Novembre 2006

Serata dello scorso 24 agosto, Rimini. I cantori della SAT si esibiscono al Meeting. Sulla carta niente di più che una serata di cori di montagna.
Ma i concerti, anche corali, hanno i loro specifici riti. Nel caso della SAT la formula è questa: un breve commento introduttivo letto da una sorta di voce recitante e di seguito uno o due canti. Il pubblico ascolta educato, aspetta tranquillo, e alla fine delle due parti ecco gli applausi, naturalmente con corredo di bis finali.

Col popolo del Meeting si è rovesciato tutto. L’applauso sgorgava spontaneo, impetuoso praticamente dopo ogni canto, spesso obbligando i coristi a ripetere un brano seduta stante, impicciando così ogni volta il povero lettore che dopo un po’ non sapeva più che fare. Quando succedono cose di questo tipo, di solito i puristi storcono il naso: è il solito pubblico di parvenu, pensano, che non conosce il “rito” del concerto, gente che applaude a metà della Quinta di Beethoven o che urla: «Bravo» coprendo le ultime note di una sonata.

Invece no, quella sera era un’altra cosa. C’era un pubblico che, partendo da culture e condizioni diversissime (c’erano amanti di quel genere musicale e ragazzi giovanissimi che forse lo sentivano per la prima volta, probabili rockettari e sicuri amanti della classica), trovava in quei signori trentini, nelle loro armonie e nelle loro storie di tanto tempo fa, la sua voce.

Coro della SAT

Densità storica
È qualcosa di speciale, quando un pubblico trova in un artista la sua voce. È l’occasione in cui al consumo si sostituisce l’arricchimento vero, alla tempesta emozionale la commozione, all’attenzione la trepidazione. Da vecchio frequentatore di concerti (dalle tournée dei grandi del rock alle prime scaligere), devo ammettere che quella serata mi ha segnato in modo particolare.
Innanzitutto per la bellezza della musica (le armonie delle voci maschili nelle armonizzazioni naif di molti canti come in quelle colte dei tanti musicisti che hanno lavorato espressamente per i cantori della SAT), poi per l’essenzialità della drammaturgia (un gruppo di adulti disposti a ferro di cavallo con un direttore che li guida quasi di nascosto), infine per la densità storica cui il canto rimandava.

Storie raccontate
Così ti arrivavano al cuore tutte le storie di quelle canzoni: storie di amori delusi o compiuti, storie di figli e di spose lontani, di nostalgia della terra di origine o delle proprie montagne, storie di guerra e di terribili fatiche sopportate con dignità, nella triste consapevolezza del dovere verso il proprio popolo e la propria patria. È lunga la storia del coro della SAT, come la bellissima mostra del Meeting ha raccontato.

Il Coro nasce ufficialmente a Trento il 25 maggio 1926 per opera dei fratelli Enrico, Mario, Silvio e Aldo Pedrotti e di alcuni amici. Naturalmente tutto nasce nel coro polifonico del Duomo e in famiglia, dove si cantavano a orecchio i canti popolari del Trentino. Spiegano nel loro sito: «Le esperienze, dapprima di profughi in Boemia e Austria durante la Prima Guerra mondiale, e successivamente di soldati durante il servizio militare e i successivi richiami, furono occasione di approccio a moltissimi altri canti popolari di varie origini e provenienze».

Grandi musicisti
La filologia non è, quindi, il primo motore del loro far musica, anche se nel corso della loro storia hanno avuto rapporti strettissimi con musicisti del calibro di Giorgio Federico Ghedini e Arturo Benedetti Michelangeli.

Coro della SAT

Io me le immagino, le ragioni di questi grandi del Novecento italiano. Ragioni innanzitutto di radici geografiche, ma soprattutto di stupore di fronte alla bellezza autenticamente popolare del canto della Sat. Te lo immagini, il grande virtuoso del pianoforte Michelangeli, terrore di ogni sala da concerto e di ogni pubblico internazionale per il suo perfezionismo, prendere in mano La mia bela la mi aspeta, Era nato poveretto, ’Ndormezete popin e cucirci attorno un’armonizzazione semplice e adeguata per un gruppo di splendidi amatori, dilettanti, cioè, della musica? Cosa l’avrà spinto, se non il riconoscimento che dentro quelle canzoni c’era la stessa potenza espressiva del suo amatissimo Chopin o del suo assoluto Debussy?

Mauro Pedrotti

erede della “dinastia” dei fondatori e attuale direttore del coro, queste cose te le racconta orgoglioso e insieme un po’ dimesso. Sa che a loro è capitata una storia un po’ strana e singolare, ma in fondo gli interessano altre cose. Per esempio che la sua, la loro musica vada avanti, e trovi altri ad amarla e praticarla.

Così, al Meeting, è nata l’idea di fare un seminario sulla loro tecnica corale che ha condotto centinaia di cantori neofiti sul palco, a metà del concerto, a cantare con loro. La musica della SAT va avanti, e incrementa nuovi cori e nuove avventure comuni. Perché la magia sta tutta lì, in fondo: cantare insieme e sostenersi l’un l’altro perché non si abbia a stonare. Metafora meravigliosa di una compagnia che, per vie insondabili, fa nascere la bellezza.

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