Primo giorno di settembre dell’anno del Signore 1358: un mercante e patrizio astigiano sale faticosamente, accompagnato da alcuni servitori, la mole piramidale del Mons Romuleus, oggi chiamato Rocciamelone. E qui comincia la storia del santuario più alto d’Europa.
Quell’uomo si chiama Bonifacio Rotario (Roero). Arrivato in cima a 3538 metri di altitudine, depone a terra un trittico mariano di ottone dorato che ha fatto incidere nelle Fiandre e, dopo aver scavato nella roccia un sommario riparo dalle intemperie, sistema all’interno la preziosa icona.
Salendo, Bonifacio e i suoi hanno costruito a circa 2800 m un modesto “edificio” in pietra, che appare così essere, oltre che una cappella, il primo rifugio alpinistico dell’evo cristiano.
Si tratta di un evento indubbiamente straordinario, non si ha notizia di un’altra scalata del genere nel medioevo, se si eccettua la salita al Mont Ventoux (meno di duemila metri) vissuta, e riferita in una sua famosa lettera, dal grande poeta Petrarca. I monti erano ritenuti sede di presenze inquietanti e 3000 metri di dislivello non sono propriamente una bazzecola neanche oggi, con le nostre scarpe che salgono da sole. Il Rocciamelone, poi, era allora ritenuta la montagna più alta dell’arco alpino.
A che si deve tanto coraggiosa ascensione?
Bonifacio aveva partecipato alle crociate di Smirne, in Turchia, combattute tra il 1344 e il 1348. Catturato dalle truppe turche, fece un voto alla Madonna implorandola per la propria liberazione: avrebbe portato un suo simulacro sulla cima – dice la leggenda – della prima montagna vista al suo rientro in patria. E così avvenne. Nella realtà storica Bonifacio conosceva benissimo il Rocciamelone: il monte sovrasta la città di Susa, dove la sua famiglia era presente da tempo con importanti rapporti di affari.
Per trecento e più anni la Madonna del Rocciamelone fu oggetto di venerazione per i pellegrini che salivano fin lassù, soprattutto il 5 agosto, festa della Madonna della Neve. Proprio il 5 agosto 1673, l’icona venne trafugata da Giacomo Gagnor, il “matto di Novaretto” e portata al castello di Rivoli per omaggio al duca di Savoia Carlo Emanuele II.
Successivamente il trittico venne portato in pellegrinaggio a Susa e, dopo alterne vicende, si stabilizzò la sua presenza nella cattedrale di San Giusto.
Ora è in una teca dell’importante Museo diocesano di Arte Sacra della città. Una copia è stata riportata in cima alla montagna, dove dal 1896 (con successiva ricostruzione e ampliamento a cura della Giovane Montagna e reinaugurazione nel 1923) c’è un santuario – rifugio dedicato a Santa Maria, Madonna del Rocciamelone. Santuario che, a questo punto, è di gran lunga il più alto d’Europa. Nel 1798 venne costruita una cappella-ricovero al posto di quella edificata da Bonifacio a quota 2800 m. Negli anni 1974-1976, Fulgido Tabone restaurò la cappella e costruì in quel luogo il Rifugio Ca’ d’Asti, di proprietà della parrocchia di S. Giusto a Susa.
In vetta alla montagna valsusina
c’è anche una grande statua della Madonna con una storia bella.
Nel 1895 il parroco di S. Giusto, il canonico Antonio Tonda, propose di collocare sulla cima del Rocciamelone una grande statua della Madonna. Il direttore del periodico per bambini “Innocenza” lanciò allora una sottoscrizione a cui risposero 130.000 bimbi da tutta l’Italia e così fu pagata la costruzione del monumento.
Nel 1899 la statua, in bronzo, alta quattro metri e pesante 650 kg, era pronta. La statua venne divisa in otto pezzi per il trasporto da Milano a Susa, dove venne provvisoriamente rimontata e benedetta il 15 giugno. A portarla sulla vetta furono gli alpini del Battaglione Susa. In tre giorni, dal 26 al 28 giugno, ne sollevarono i pezzi fino a quota 2800 m. Da lì 60 soldati, aiutati da alcuni uomini di Mompantero, portarono la statua fino alla cima, in assenza di ogni sentiero. Fino alla vetta si dovettero portare anche oltre 800 kg di materiali per la struttura di supporto.
Alle 10 del 28 luglio 1899 a Madonna arrivò a quota 3538 m. La solenne inaugurazione avvenne il 28 agosto, alla presenza di monsignor Tonda.
Da lassù la Vergine Maria guarda ormai da 121 anni l’intera Valle di Susa e non solo.