Dal libro di Luigi Giussani Vivendo nella carne una interessante precisazione sull’esperienza del soggetto che camminando si accorge della realtà: il cammino come avventura.
“Ho usato il termine avventura, perché la parola avventura è quella che descrive meglio uno che sta camminando. Se uno che sta camminando non vive il cammino come avventura, non guarda le cose in giro e non s’accorge di quel che c’è, non ha l’eco del reale, non riecheggia per lui la realtà. E, in secondo luogo, non riecheggiando per lui la realtà, non verifica: il suo camminare non verifica che razza di destino unitario ha con tutto ciò che lo circonda.
È come uno che faccia una gita o un cammino senza guardare niente; alla fine, se tu gli domandi: «Cos’hai visto?» «Bah, piante, case, colli, per l’inganno consueto.» È come, insomma, uno che fa un cammino senza accorgersi di niente («Ma non hai visto questo, quest’altro?»). Invece, se s’accorge – e s’accorge quando cammina giocando la sua umanità nei passi che compie -, allora si accorge di una cosa bella, s’accorge di una cosa che lo colpisce, s’accorge di una cosa che è pericolosa, e saprebbe scrivere un tema sul suo cammino.
Avventura, più che rischio: rischio implicherebbe già un giudizio di pericolosità non sufficientemente, non necessariamente motivato, quindi un atteggiamento un po’ negativo rispetto alle cose”.
Luigi Giussani Vivendo nella carne pagg. 59-60