L’ardua Grivola bella

È il racconto della salita ad una grande e isolata montagna, che il poeta Giosuè Carducci chiamò l’ardua Grivola bella. Ascensione per la parete sud-est. Il nome di questa montagna, come scrive l’abate Henry, alpinista ed esperto di toponomastica, deriva dal dialetto “grivolina” che significa ragazza, vergine. (Nel racconto è presente la descrizione dell’itinerario che noi abbiamo seguito).

La Grivola

era per me una montagna a lungo agognata,  che nella parte alta della Valle Centrale della Valle d’Aosta si imponeva allo sguardo, in particolare quando ritornavo verso Torino tra Villeneuve e Sarre. Guardando verso sud il panorama era dominato dalla Grivola, una ardita punta che richiamava la mia attenzione. Dopo aver letto  e studiato la descrizione sulla Guida dei Monti d’Italia, Gran Paradiso di Andreis, Chabod e Santi (la storica guida del 1939!), finalmente propongo la salita al mio amico Giorgio Bertin, che accetta volentieri.

Con Giorgio avevo fatto il mio primo corso di alpinismo sul Monte Bianco alla sequela di Pino Cheney, guida alpina di Courmayeur, nostro comune maestro per l’alta montagna. Sapevo che per me era una salita impegnativa e confidavo in Giorgio, che allora aveva una esperienza di montagna più significativa della mia, lui nato nelle terre alte mentre io arrivo dalle colline astigiane.

Partito in auto, il 16 agosto del 2005, da Torino, mi fermo ad Aosta per caricarlo, lui arrivava da Étroubles, suo paese natale, dove era in quel periodo agostano in vacanza. Da lì fino a Cogne e poi in Valnontey arrivando ai parcheggi a Cretaz.

Fino al Rifugio Sella

Controllata l’attrezzatura ci incamminiamo verso il Rifugio Vittorio Sella con gli zaini abbastanza carichi e saliamo di buona lena per l’ampio e comodo sentiero che fiancheggia prima il giardino botanico e poi attraversa un bel lariceto per portarsi quindi tra i pendii prativi. Raggiungiamo le Grange Lauson incrociando molti escursionisti che stanno scendendo e arriviamo infine al rifugio, posto a 2588 metri dopo più di 900 metri di dislivello. Sistemati in una camera ci apprestiamo alla cena, con puntate all’esterno per fare alcune foto, l’imbrunire è dominato da una bella luna sulla costiera del Gran San Pietro, della Roccia Viva e della Becca di Gay.

Alla destra del Gran San Pietro la luna

Ultime luci sulle punte di Patrì

Chiediamo a che ora sono soliti partire per la Grivola e ci viene risposto intorno  alle tre, non avevamo ipotizzato una partenza così mattutina.  Un controllo serale degli zaini e dopo il “breve sonno”, alle ore 2.40 del 17 agosto del 2005, ci svegliamo ed in silenzio ci rechiamo all’ingresso della sala da pranzo dove su un tavolino ci avevano lasciato la colazione: da quest’aspetto si può ben dedurre che eravamo gli unici ad avere come meta la Grivola!

Partiti dal rifugio

Il percorso che avevamo studiato è quello che prevede la salita ed il superamento  del Colle della Nera (Col de la Noire) e quindi del bacino superiore del ghiacciaio del Trajo (o Traso) e salita della parete sud-est. Dopo aver recitato insieme una preghiera ci incamminiamo alle ore 3.15 alla luce delle frontali. Seguiamo il sentiero lungo il rio nella buia notte e poi sulla mulattiera verso il Col Loson, invece di prendere la deviazione a destra per il Colle della Nera posta oltre la quota di 2800 metri, continuiamo per un tratto sempre verso il Col Loson, per accorgerci dopo dell’errore. Allora tagliamo a destra e saliamo la costiera, ravanando un po’ per scoscesi pendii, ricongiungendosi infine al sentiero, ma perdendo tempo.

Seguiamo ora il più comodo sentiero che con numerose giravolte ci fa risalire fino ad un ripiano e lì, per la traccia a sinistra, ci portiamo al centro di una conca. Su per un erto canalino raggiungiamo il Colle della Nera, a 3491 metri,  in tre ore e mezza circa. E’ una marcata depressione tra la Punta della Nera a sinistra e la Punta della Rossa a destra. Come normalmente accade il colle è ventilato e dobbiamo coprirci per la bassa temperatura percepita.

Dal Colle della Nera

Facciamo uno spuntino quindi calziamo i ramponi, non velocemente per le dita delle mani un po’ intorpidite dal freddo, e ci incordiamo. Nel 2005 il ghiacciaio era molto più alto di quello attuale e quindi si perdeva meno quota. Scendiamo e attraversiamo la conca glaciale, prima senza particolari difficoltà, poi dobbiamo fare qualche variazione di percorso per i crepacci. Puntiamo verso uno scivolo nevoso posto al fondo della parete sud-est, in zona centrale, che raggiungiamo.

In basso a destra si vede il conoide nevoso

La luce del sole ha reso più facile l’individuazione del punto di attacco della salita e ci ha riscaldato.

Prime luci sul ghiacciaio del Trajo

All’attacco della parete sud-est

Giorgio attacca questo conoide nevoso con neve dura ed io lo seguo, facciamo attenzione a non scivolare, risaliamo per una cinquantina di metri e raggiunta la sommità del conoide ci togliamo i ramponi e continuiamo la salita.

Parete sud-est della Grivola. Al centro il canale con le due creste del percorso fatto

Sopra di noi un ampio canale, tra due creste, traversiamo verso sinistra fino ad arrivare in prossimità dello spigolo roccioso. Procediamo in prossimità della cresta scegliendo il percorso e saliamo per un bel tratto di 300 metri circa se non di più. Manco di precisione in questo perché non avevamo un altimetro. Traversiamo poi verso destra, facendo una pausa non voluta per la caduta di sassi, ci siamo riparati sotto un salto di roccia. Proseguiamo in diagonale risalendo il canale fra le due creste.

Attacchiamo la cresta nel punto a nostro giudizio più facile, la risaliamo e proseguiamo su questa con qualche passaggio più impegnativo. Poi tagliamo un po’ verso destra per cenge oblique fino a raggiungere  il crinale della cresta nord-est (Cresta delle Clochettes, poiché i primi salitori avevano sentito distintamente i suoni dei campanacci delle mucche al pascolo). Quindi per tracce su detriti e roccette raggiungiamo l’agognata cima e ci abbracciamo per la gioia.

E’ risultato un itinerario con passaggi al massimo di II grado, ma assai lungo in cui prestare attenzione, vedi la caduta di sassi. Arriviamo in cima con l’orologio che segna le 12.30 passate, sono trascorse più di otto ore dalla partenza, segno che siamo stati lenti nel salire i 1385 metri a cui vanno assommati quelli persi nella discesa dal colle al ghiacciaio.

In cima

Il panorama a 360 gradi ci lascia a bocca aperta: non mi era ancora capitato di salire una montagna così panoramica, si è proprio al centro della Valle d’Aosta ed alta ben 3969 metri.

Giorgio vicino alla croce della Grivola

Ci colpisce vedere su una cima così importante solo una piccola croce, ringraziamo per cotanta bellezza il Creatore, veramente ha fatto la realtà bella. Io avendo portato la reflex mi diletto a fotografare l’ampia cerchia dei monti attorno a noi.

Roberto sulla cima de l’ardua Grivola bella

Si staglia la bella piramide del Cervino, la Gran Becca che Giorgio ha già salito e che io salirò una quindicina di anni dopo.

Il Cervino

Alla sua destra le molte cime del Monte Rosa, terreno di molte salite, tra cui il primo 4000 fatto con Spartaco Bertoglio, allora giovanissimo, mancato lo scorso anno mentre faceva scialpinismo alla Punta Collerin.

Il Monte Rosa

Si erge in lontananza imponente il Monte Bianco, allora era una montagna che non mi attirava particolarmente, il desiderio di salirla è arrivato molti anni dopo. In particolare, le grandi montagne che sono in grado di scalare, le avvicino quando mi colpiscono, quando il loro fascino esercita in me un’attrazione. È la bellezza che mi attira, bellezza che può esprimersi nella forma, nella posizione, nella particolarità, negli scritti di chi l’ha salita.

Monte Bianco

Il 4000 più vicino

è il fantastico Gran Paradiso, non lontano, ma staccato e salito da un grande numero di persone, supera la soglia dei 4000 e non presenta particolari difficoltà. Alla nostra vista la nord in particolare si presenta ricca di ghiaccio, non paragonabile a come è oggi. Alla sinistra si intravede Il Roc.

Spettacolare vista sulla catena che dall’Herbetet porta al Gran Paradiso

Tra le tante cime si vede bene la Punta Tersiva salita quattro anni dopo in ottobre con Francesco, Gianni e Giorgio.

La Punta Tersiva

Sotto di noi il Ghiacciaio del Trajo.

Ghiacciaio del Trajo

Mangiamo e ci godiamo ancora il sole, la vista dalla vetta: è talmente bello che ritardiamo il ritorno.

Inizia la discesa

La salita è stata lunga e la discesa non è certo da meno. Scendiamo lungo la via dell’andata. Prima per cresta per un centinaio di metri, poi seguiamo radi ometti e segni e scendiamo le oblique cenge per raggiungere la cresta già percorsa. Cresta che percorriamo con attenzione, la roccia, come già constatato al mattino, non è delle migliori. Poi scendiamo a destra verso il canale che attraversiamo verso destra per poi scendere con più decisione. L’ultima parte del percorso fatto su roccia è abbastanza dolorosa per me, battendo con la punta dello scarpone sulla roccia mi sono rotto l’unghia dell’alluce sinistro. Da allora ho acquistato scarponi con almeno mezzo numero in più.

Raggiungiamo il conoide salito al mattino, Giorgio mi assicura, il tratto è particolarmente sdrucciolevole in alto, con due calate raggiungiamo il ghiacciaio del Trajo.

Ghiacciaio del Trajo alla sera

Non rifacciamo il percorso dell’andata ma compiamo un ampio semicerchio verso la parte alta del ghiacciaio stesso per passare in zona meno crepacciata. La giornata agostana rimane bella anche nel pomeriggio.

Parete sud-est della Grivola dal Colle della Nera

Risaliamo al Colle della Nera e iniziamo la discesa, trovo sollievo al primo rivolo d’acqua incontrato dove metto sotto l’acqua il dito dolorante. Da lì Giorgio mi precede al rifugio, ci davano quasi per dispersi visto che era tardi e non avevano notizie. Scendo in un tripudio di marmotte e camosci con la presenza anche di una volpe, al cui apparire i fischi di avvertimento delle marmotte si sprecano. Al rifugio, dopo una meritata bevuta e un riposo, decidiamo di riprendere la discesa e di arrivare all’auto.

Scendiamo dal Rifugio Sella e presto cala la notte: noi procediamo un po’ da automi ed in silenzio, arriviamo a fondovalle e alle 23.30 siamo, stanchi ed assonnati, alla macchina. Fino ad Aosta guida Giorgio, ben volentieri gli lascio la guida, giunti in città ci salutiamo. Poi proseguo fino a Torino da solo e raggiungo casa guidando con molta prudenza e fermandomi a prendere un caffè verso le due.

L’ardua Grivola bella è indelebile nel ricordo sia per me sia per Giorgio, un punto nodale per nostra amicizia.

L’ardua Grivola bella, vista salendo alla Pointe de Laval

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Roberto Gardino

Sono un insegnante di Educazione Fisica, appassionato di montagna, sempre alla scoperta di nuove mete. Ho fondato, con amici, la Compagnia della Cima. Sono attento all'educazione dei giovani, andando spesso in montagna con gruppi numerosi.