Una lunga via di cresta nelle Alpi Marittime, per gli amanti dell’alpinismo classico: la Traversata degli Italiani ai Gelàs, un percorso ad anello in Valle Gesso con pernottamento al Rifugio Federici – Marchesini al Pagarì.
Accesso
Da Borgo San Dalmazzo si imbocca la Valle Gesso, che si risale fino all’abitato di Valdieri, oltre il quale la direzione è quella di Entracque. Prima di giungervi si svolta a destra, seguendo la strada per San Giacomo. Su un piazzale a 1225 m si affacciano le abitazioni di San Giacomo di Entracque.
L’auto si può lasciare nel piccolo posteggio prima del ponte, 1210 m, oppure in uno dei due a pagamento.
Itinerario al rifugio
A San Giacomo, superato il ponte, inizia una rotabile asfaltata, con accesso permesso solo a piedi che sale alle ex Palazzine di Caccia del Re, 1250 m in 10 min circa. (Si può vedere quello del sito del Rifugio Marchesini-Federici al Pagarì, molto dettagliato e preciso).
La rotabile passa in mezzo alle palazzine, ove diviene sterrata, per risalire il Vallone di Monte Colomb. Con ampi tornanti si giunge al Gias dell’Aiera, 1345 m (25 min), ove si oltrepassa su ponte il torrente che raccoglie le acque di diversi vallonetti. Con larghe svolte, o con un paio di eventuali scorciatoie, si risale la costola che conduce al dosso di quota 1405 m (35 min), ove termina il bosco e si lascia in alto alla propria sinistra una baita. Passato un piccolo rivo, si scende al verde pianoro di Prà del Rasour, 1395 m (40 min).
Attraversato l’intero piano erboso, si giunge al Gias Sottano del Vej del Bouc, 1435 m (1 ora), con palina, ove sulla sinistra si trascura il sentiero che sale al Lago del Vej del Bouc. Qui termina anche la strada sterrata. L’ampio sentiero, che prosegue sulla destra, assume il nome di M13 e, attraversando il torrente su un ponticello in legno, si sposta sulla sinistra idrografica del vallone.
Passando nei pressi del Gias Colomb, 1445 m, si riprende a salire, gradatamente; nei pressi di una palina, 1500 m (1 ora e 25 min ), si lascia sulla destra il sentiero che risale al Bivacco Moncalieri. Si prosegue poi fino al Rio Pantacreus, 1530 m (1,30 ora) ove si guada su pietre (o se necessario su ponticello in legno). Si prosegue in ambiente di pascolo in mezzo a grossi massi, innalzandosi progressivamente dal torrente Gesso, fino ad abbandonarlo definitivamente, nei pressi di una palina, 1555 m: Gias del Peirabroc.
Qui si volge decisamente a destra, lasciando sulla sinistra una diramazione che prosegue sul fondo del vallone. Più in alto le ampie serpentine si fanno maggiormente serrate ed il sentiero è sorretto dai muretti in pietra a secco che superano un costone roccioso a quota 1770 m. La mulattiera si addentra in un boschetto e conduce a un piccolo corso d’acqua sorgivo, il Rio del Gias Sottano del Muraion, 1820 m (2 ore e 15 min).
Risalendo il pendio di arbusti, si oltrepassa un altro piccolo corso d’acqua, spesso asciutto, il Rio della Cascata Azzurra, 1925 m (2 ore e 30 min). Si punta ora in alto verso l’evidente muraglione a secco sul quale poggia il sentiero: è questo il Passo Sottano del Muraion, 2030 m (2 ore e 50 min).
Oltre il Passo il vallone diventa ampio e aperto, 2050 m. Si passa un corso d’acqua sorgivo, la Fontana dell’Asino, 2070 m (3 ore).
Si perviene in breve ai resti del Gias Soprano del Muraion, 2105 m (3 ore e 10 min), anche noto come Gias dell’Asino. Proseguendo, il sentiero passa un altro ramo d’acqua, il Rio Pagarì, 2175 m (3 ore e 15 min) con acque non potabili. Un ultimo ramo d’acqua a quota 2235 m (3 ore e 35 min), e ci si avvicina sempre più alla morena del Ghiacciaio del Peirabroc, sotto la quale si incontra il bivio di quota 2300 m (3 ore e 40 min).
Trascurata ora a sinistra la traccia per il Lago Bianco o per il Colle dell’Agnel, si devia decisamente a destra. Si continua per serpentine, dapprima molto ampie, poi più fitte e più ripide. Il sentiero termina in prossimità di un grosso mucchio di pietre ben accatastate, sul quale è issato un imponente pennacchio.
A poche decine di metri, su un piccolo promontorio roccioso e dominato verso ovest dall’imponente parete nord-est della Maledia, sorge il Rifugio Federici – Marchesini al Pagarì, 2627 m (4 ore e 45 min, difficoltà E).
Bel rifugio alpino il cui custode Andrea Pittavino, detto Aladar, ha scritto un interessante libro: “Rifugio Pagarì, storia e itinerari” Edizioni Lila. Ottima la cucina.
Itinerario dal rifugio
Conviene partire presto: la Traversata degli Italiani (con la discesa) è molto lunga! Si parte dietro il rifugio in direzione sud-ovest trasversalmente tra grossi massi. Si attraversa tutta la morena frontale e si seguono i segnali rossi, ci si dirige diagonalmente in direzione ovest e si rimonta il pendio detritico verso la base del canale, ben visibile.
Il percorso, a seconda del periodo, può essere prevalentemente detritico, resta un glacionevato.
Si risale lo stretto canalino della Maledia, 40 – 45°, prima a sinistra dello sperone che divide l’ingresso (si seguono i segnavia rossi). Si procede quindi al centro del canalino superando una prima placca rocciosa, poi una seconda più lunga, di 12 metri, c’è un sasso incastrato, fino al suo culmine. Attenzione alla caduta delle pietre!
A inizio stagione sono necessari piccozza e ramponi, talvolta è presente del ghiaccio. Senza neve passaggi di II+.
Si raggiunge il Colletto del Muraion a 2940 m in un’ora o più.
Sulla sinistra si erge la Maledia, il cui ghiacciaio si è molto ridotto, e di fronte a noi la via da salire.
Nella conca c’è il laghetto della Maledia (2900 m) e spesso ci sono nevai. Si lascia la conca sulla sinistra e si percorre per un breve tratto la cresta. Si passa nella depressione e si sale la Punta C2RAC, una modesta elevazione che, se si vuole, si costeggia.
In cresta
Si continua la Traversata degli Italiani in direzione nord-ovest sul filo di cresta per la Cima Borello, fino al salto terminale della cima. La parete da salire è la est, si aggira sulla destra sul lato nord per cenge detritiche per poi salire per un canale-camino (evidente) che presenta un masso incastrato superabile sulla destra, roccia instabile, per uscire sulla cima a 2985 m.
Ci si abbassa per un canale-camino, sul versante sud, che termina vicino alla Forcella Chafrion, a 2955 m. Sono presenti due distinti intagli che si presentano separati da spuntoni rocciosi. Dalla forcella si prosegue tenendosi a destra, sotto la cresta, per poi raggiungere il filo di cresta.
Si continua a salire sempre mantenendo il filo di cresta per poi giungere al passaggio più impegnativo della Traversata degli Italiani, una placca rocciosa ricoperta di licheni gialli, passaggio di III-
e in breve si giunge ai 3070 metri della Cima Chafrion.
Quindi si scende in direzione sud-ovest, la cresta è ora molto affilata e si possono evitare gli spuntoni tenendosi prima a sinistra, versante francese, e poi traversando a destra, versante italiano. Si affronta poi un salto roccioso ripido (II) e si tocca il Balcone del Gelàs, 3085 m.
Sempre sulla cresta, si prosegue, prima è pianeggiante e detritica, poi più affilata. Si segue il filo (si può contornare a destra una torre giallastra per poi tornare in cresta, II esposto). Si percorre la cresta che modera ora la propria pendenza e si allarga sino a culminare con la Cima Nord del Gelàs, 3143 m, punto culminante della “Traversata degli Italiani”.
Panorama dalla cima, come nel lungo percorso di avvicinamento, molto bello. Si vede bene la cresta con la cima de Il Bastione e dietro la biforcuta Cima di Nasta. Prima de Il Bastione c’è la Cima di Bròcan.
In Francia si nota il Lac Long.
Bella apertura sulla cresta che parte dal Monte Aiera.
Ritorno
Si ritorna poi a San Giacomo con un lunghissimo percorso (discesa di 1900 metri con una risalita) per il versante ovest-nord-ovest che inizia vicino alla croce della cima Nord scendendo verso il lato italiano,
e seguendo segni gialli e ometti si passa a sinistra della Cima Saint Robert.
Poi si risale la forcella Roccati, da dove si scende, solo, finalmente!
Discesa
Si passa nei pressi del Rifugio Soria Ellena, in basso.
Nella foto che segue, presa dalla Cima di Nasta, si vede il percorso fatto nella Traversata degli Italiani ai Gelàs.
Materiali: imbrago, corda (noi ne abbiamo usata una da 30 m), friend, fettucce, cordini e casco; in caso di neve utili i ramponi e la piccozza. Occorre tenere conto che in cresta, chiaramente, non c’è acqua!