Testo tratto dal bel libro Sulle Ande con le scarpe bucate in cui padre Ugo De Censi, fondatore dell’Operazione Mato Grosso, in una conferenza parla ai presenti de “la corda con cui dovete legarvi”. Il libro racconta la storia di Battistino Bonali, scomparso sulla parete nord dello Huascaran Norte, 6665 m, nelle Ande, che collaborò per preparare i giovani locali all’alta montagna. A padre Ugo De Censi ed alla sua opera si devono, sulle Ande, la costruzione di diversi rifugi per dare lavoro ai giovani locali come guide ed in questo testo padre Ugo parla di montagne e scalatori in una serata sul tema dell’Andinismo. Il libro è online, pubblicato su Montura Editing.
Intervento di padre Ugo De Censi
Mi sono chiesto qual è il filo conduttore della nostra vita, su quale lavagna io posso scrivere le parole più vere ed importanti che abbiamo ascoltato questa sera. Vi viene chiesto, per il solo fatto che siete venuti qui questa sera, di mettervi nella nostra cordata. Avete qualche paura? Saremo delle buone guide? Potete fidarvi di quelli che vi hanno parlato delle persone che stanno dietro di loro (volontari Operazione Mato Grosso, la gente della sierra, i ragazzi degli oratori, gli andinisti). La fiducia non può essere chiesta a priori; occorre che voi guardiate e ascoltiate con occhio e orecchio attento a ciò che viene detto, ancor più alla vita di chi ha parlato. Ed ora io vi voglio mostrare la corda con cui intendo legarvi alle Ande, ai ragazzi, alle guide del Perù, perché possiate partecipare all’avventura che è descritta questa sera.
La corda con cui voi dovete legarvi
è un intreccio di fili, ecco i fili. L’azzurro, il cielo delle Ande, l’acqua dei laghi, la vegetazione, le stelle, l’aria pulita. Il violetto: l’umiltà e la penitenza, la povertà della gente, la semplicità, gente che vive sui fianchi e alla base di queste montagne. Il rosso: l’amore e la gioia necessaria per questa avventura. Il sacrificio che dà la perfetta allegria. Conquista, si soffre. Il bianco, la pagina dove dovete scrivere i nomi dei compagni di cordata, per quest’avventura delle guide, delle persone che volete aiutare, ecco la corda.
Ho lasciato fuori una cosa importante, ma questo filo d’oro non lo vedete. Poiché non si vede uno può anche trascurarlo; così anche voi potete farlo, anche voi potreste perderlo, o lo avete già perso, visto l’errore, l’errore tragico, disastroso. Il filo d’oro è come l’anima, della stessa sostanza dell’anima.
E qui mi tocca fare una brevissima lezione di catechismo: i ricercatori scientifici, oggi molto di moda, molto celebrati, stanno scoprendo, e sghignazzano che l’anima non c’è; perché l’intelligenza sono le cellule più fini, la coscienza sono i circuiti di cellule impressionate dall’esterno come pellicole. Io sorrido e dico “hai ragione caro scienziato, perché l’anima non è qualcosa dell’uomo, è qualcosa che illumina l’uomo”. L’anima è lo sguardo di Dio sull’uomo, è un raggio che non puoi imprigionare. Seminarlo non puoi con i tuoi strumenti.
Qualcosa che ti ferisce e ti consola, che impari a vedere con l’occhio di tua mamma, o di un cammino sincero e buono. L’anima è un grande desiderio di avere un Padre, è il desiderio di non essere un animale, di non essere pure cellule, puro DNA. Desiderio che è stato messo in noi come un seme, dalla mamma e dal papà, coltivato da amici sinceri e buoni. Noterete sempre i due aggettivi: sinceri e buoni. Questo grande desiderio di Dio, questa sete di Dio, ti fa esclamare davanti a un tramonto “Che colori, mio Dio”, davanti alle stelle “Come brillano, mio Dio”, davanti ai fiori “Come siete belli, profumati, mio Dio”.
Che differenza c’è tra uno che ha l’anima e uno che non ce l’ha e non s’accorge di averla?
Chi non ha l’anima dice “che bel tramonto, che colori!” chi l’anima ce l’ha dice “che tramonto mio Dio”. Davanti alle stelle chi ha l’anima dice “che meraviglia, come brillano, mio Dio” chi non ha l’anima dice solo “Brillano, la loro luce viene da mille anni di tempo”.
Chi arriva in cima all’Everest e non ha l’anima dice “vedete, io ce l’ho fatta, come sono forte” chi ha l’anima e arriva in cima all’Everest prende una striscia “grazie Dio”: ecco l’anima di Battistino.
Questo filo d’oro, desiderio di Dio, è il filo più importante della nostra corda
è lo sguardo della guida che guarda all’insù è la preghiera di chi si sente piccolo, chi si sente peccatore, è lo sguardo verso i ragazzi che conduce, è lo sguardo verso i poveri che vuoi aiutare, ed è lo sguardo d’amore. Io Ugo sto male e sto bene, soffro e gioisco per questo filo d’oro. Ho tanta paura di non averlo perché non si vede. Devo sempre supplicarlo, non dipende da me. Non ce l’ho io nelle mani, non mi è dato da un ragionamento, da una predica, da una dimostrazione teologica.
Il mio filo è questo, te lo comunico “voglio essere tuo amico che ti racconto di Dio con la mia vita, facendomi bambino”. Vi posso dire solo di LUI se mi faccio bambino, piangendo perché non trovo il mio Papà, piangendo per quelli che non lo vogliono e ne vogliono fare a meno, piangendo per quelli che ne parlano e non gli importa niente dei figli più poveri e non gli importa niente dei peccatori che li maltrattano. Io mi sento solo un peccatore, e non è solo falsa modestia. Anche stasera vorrei dirvi che non sono io che conto, temo la mia superbia, gli applausi; non sono io che conto, ma è Dio. Anche tu pensa così con me, e se non ti riesce in questo modo pensa in quest’altro modo: “Non sono io che conto, ma sono queste montagne che parlano di Te, ma sono questi poveri, che vivono ai piedi di queste montagne, e per ciascuno di voi ora pregherò il Signore”.
Mi sarebbe piaciuto avere qui un Crocefisso sulla cima di una montagna: “Mio Signore e mio Dio, ti prego di esistere, per fare questo regalo a me e a tutte le persone che conosco e mi sono care o che non mi sono care. E Tu ci sei, anche se non ti vedo e non ti capisco.
Voglio essere un bambino anche se sono vecchio
anche se ho fatto tanti peccati e tu li conosci tutti. So che nel tuo quaderno eterno tu scrivi con inchiostro indelebile ogni opera buona, pur piccola che sia, ogni opera mia che ho fatto buona; mentre i miei peccati anche i più brutti, tu li scrivi a matita che si cancellano tutti con la gomma della carità.
Ecco mio caro Gesù, stasera decido di fare qualcosa di buono per i tuoi figli, miei fratelli che vivono ai piedi delle montagne più belle del mondo”.
Su questo sito potete leggere il racconto della salita all’Alpamayo con una guida formata dall’OMG.